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Piazza Navona: Arte, storia e vita romana

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di Redazione

02/10/2025

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Nel cuore del centro storico di Roma, fra vicoli secolari, palazzi nobiliari e costruzioni sacre, risplende Piazza Navona, uno degli spazi urbani più emblematici e vissuti della Capitale. Non è solo una piazza bella da fotografare, ma un luogo dove artestoria e vita quotidiana si fondono, dove il passato non è solo memoria ma materia viva, che produce emozione, identità e narrazione.

Le origini antiche e la continuità della vita romana

In epoca romana quella che oggi chiamiamo Piazza Navona ospitava lo Stadio di Domiziano, edificato nel I secolo d.C. dall’imperatore Domiziano per giochi atletici, competizioni pubbliche, spettacoli, manifestazioni cittadine. L’ovale dello stadio definisce tuttora la forma della piazza, la sua dimensione e il modo in cui le persone vi si muovono, vi si affacciano, la popolano. In quegli anni lo spazio serviva alla collettività come luogo di incontro, intrattenimento, partecipazione civica: valori che perdurano, sotto forma diversa, nella vita romana contemporanea. Con la caduta dell’Impero, l’edificio gradualmente cessò di esistere come stadio, ma il sito continuò a essere utilizzato: mercato, piccoli insediamenti, botteghe. È questo stratificarsi di funzioni che rende Piazza Navona non solo un monumento, ma un organismo urbano vivente, in cui ogni epoca ha lasciato tracce visibili e invisibili.

La rinascita barocca: artisti, potere e splendore

Nel XVII secolo Piazza Navona viene completamente ripensata come spazio pubblico monumentale. La famiglia Pamphilj, con Papa Innocenzo X, decide di trasformarla in una vetrina di potere e fede. È questo il momento in cui Bernini entra in scena con la Fontana dei Quattro Fiumi, opera che combina scultura, architettura, simbolismo religioso e politica. È lo stesso Papa che commissiona la chiesa di Sant’Agnese in Agone, su progetto di Borromini, contribuendo a creare alla piazza un volto barocco complesso, vivace, teatrale. Le fontane laterali, Fontana del Moro e Fontana del Nettuno, così come le architetture dei palazzi che racchiudono la piazza, l’ornamento, i materiali, la pavimentazione, tutto concorre a una visione unitaria che esalta la bellezza come strumento di comunicazione pubblica.

Rivalità tra Bernini e Borromini: estetica in dialogo e competizione

La coesistenza nella piazza delle opere di Bernini e di Borromini non è solo una curiosità storica, ma la testimonianza di un contesto artistico vivo, in cui visione, sperimentazione, status e commessa ecclesiastica si intrecciano. Mentre Bernini privilegia forme dinamiche, scultoree, movimento e teatralità, Borromini sperimenta concavità, geometrie complesse, giochi di luce e ombra. La chiesa di Sant’Agnese in Agone, con la sua facciata ondulata e l’impianto compositivo che enfatizza verticalità e profondità, dialoga con la Fontana dei Quattro Fiumi posizionata di fronte, quasi in sfida estetica, come se ogni pietra, ogni scultura cercasse di misurarsi con l’altra. Questa rivalità produsse non solo bellezza, ma innovazione formale che segnò profondamente il Barocco romano, contribuendo a definire quell’“immagine della Roma papale” che al secolo successivo diventerà mito ed eredità.

Il restauro delle fontane: cura, decoro e impegno civico

Negli ultimi anni Piazza Navona ha visto interventi importanti di conservazione e restauro, segno di quanto la città e le istituzioni riconoscano la piazza come patrimonio che richiede cura costante. La Fontana dei Quattro Fiumi è stata restituita alla fruizione pubblica dopo un restauro complessivo durato oltre sette mesi, che ha riguardato le superfici scultoree, il trattamento delle acque, la rimozione delle incrostazioni, la pulitura chimica e la protezione dalle aggressioni ambientali. Contemporaneamente, anche le fontane laterali – la Fontana del Moro e la Fontana del Nettuno – sono state oggetto di interventi di restauro nell’ambito del programma “Caput Mundi” collegato al PNRR per il Giubileo, con finanziamenti pubblici e piani tecnico-scientifici dedicati a riportare al decoro originario queste opere famose e amate. Questi restauri non sono solo operazioni tecniche, ma momenti di sensibilizzazione: rimettere in luce la bellezza sollecita cittadini e visitatori, richiama un senso di responsabilità collettiva verso l’arte, il decoro urbano, la memoria. Piazza Navona recupera non soltanto la forma, ma la dignità estetica.

Le fontane minori come dettagli narrativi

Le tre fontane di Piazza Navona – la centralissima Fontana dei Quattro Fiumi e le due laterali del Moro e del Nettuno – non svolgono la stessa funzione narrativa ma dialogano tra loro creando un’elegante coreografia idrica. La Fontana del Moro, per esempio, è famosa per la scultura del moro che regge un delfino; la Fontana del Nettuno esibisce il dio del mare con tritoni e creature marine. Nonostante la centralità assoluta della Fontana dei Quattro Fiumi, le altre fontane ampliano la dimensione estetica della piazza e arricchiscono l’esperienza visiva, modulando i rumori dell’acqua, gli spazi, i riflessi. Sono dettagli che invitano a fermarsi, a osservare da vicino materiali, segni del tempo, restauri: ogni vasca, ogni scultura laterale ha storie proprie, alterazioni, modifiche, aggiunte successive.

Archeologia sottostante: scoperte e memoria nascosta

Sotto la superficie di Piazza Navona si nascondono testimonianze archeologiche che testimoniano le sue molte vite. Nei sotterranei dell’École française, al civico 62, è stato realizzato uno scavo stratigrafico (tra il 2006 e il 2009) che ha messo in luce resti di una bottega di marmista, frammenti mosaici di opus sectile, ceramiche, resti vegetali, pigmenti, elementi di pitture murali. Questi ritrovamenti raccontano che dopo l’abbandono dello stadio romano, la piazza divenne spazio produttivo: officine, artigianato, attività quotidiane che convivevano con le rovine. Le stratificazioni archeologiche mostrano come la vita romana non sia solo quella delle corti papali o delle celebrazioni barocche, ma il lavoro, le logiche di produzione, la materialità. Un dettaglio che molti visitatori ignorano è che l’area archeologica è visibile solo in parte, ma offre un’esperienza molto intensa: camminare con la testa nel presente e i piedi sospesi su epoche lontane, comprendere che il terreno sotto i nostri passi conserva impronte di gesti umani, mestieri, trasformazioni. Piazza Navona è così anche uno spazio di memoria materiale.

La piazza come teatro urbano: eventi, luci e tradizioni

Le tradizioni che animano Piazza Navona comprendono non solo feste religiose e mercatini natalizi, ma anche eventi effimeri che trasformano la piazza in palcoscenico. Nel passato si allagava artificialmente la piazza nei mesi estivi per spettacoli acquatici, rendendo la sua superficie un lago temporaneo di acqua. Oggi, con il Giubileo, con le festività, con il mercatino di Natale, con le iniziative culturali, l’illuminazione artistica, la piazza continua a creare atmosfere che alternano sacro e profano, devozione e festa, silenzio e rumorismo urbano. Le fontane illuminate, il suono dell’acqua, la folla, la calma a tarda notte: tutti elementi che concorrono a fare di Piazza Navona un teatro urbano senza sipario.

Trasformazioni politiche, simboliche e urbanistiche

Il progetto di trasformazione di Piazza Navona non è stato solo artistico, ma profondamente politico. Papa Innocenzo X volle attraverso la piazza affermare la visualità del potere papale, legittimandosi attraverso committenze artistiche, fontane, chiese, palazzi. Il patrimonio barocco diventa strumento visivo di propaganda, simbolo di un’autorità che si rivolge tanto ai cittadini quanto ai visitatori, agli ospiti stranieri, agli ambasciatori. Nel corso dei secoli, la piazza ha risposto a diverse esigenze politiche: dall’affermazione della potenza ecclesiale alla gestione dello spazio pubblico, al decoro urbano, fino alla promozione turistica contemporanea. I restauri moderni, gli eventi pubblici, l’uso sociale della piazza sono legati alle politiche comunali, agli investimenti dello Stato, ai progetti europei come il PNRR. Piazza Navona riflette così come Roma sia sempre stata città del simbolo, del monumento, ma anche della comunità che lo vive e lo modella.
Redazione

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