Creatinina fa bene? Comprendere davvero il suo ruolo, ciò che indica e perché non è una sostanza da “assumere” ma da interpretare
di Redazione
13/11/2025
Quando si pronuncia la parola “creatinina”, spesso emerge l’idea che si tratti di una sostanza che si possa assumere o che possa avere effetti benefici sull’organismo, come se fosse un integratore o un nutriente da inserire nella propria routine. In realtà, la creatinina appartiene a un altro universo: non è un prodotto da ingerire, ma un indicatore biologico, una sorta di traccia che il corpo lascia mentre svolge le sue normali attività metaboliche. Comprendere se la creatinina “fa bene” non significa chiedersi se serva ad aumentare energia o forza, ma capire perché esiste, cosa ci racconta e quali informazioni può fornire sul nostro stato fisico.
La creatinina nasce dalla degradazione naturale della creatina, una molecola coinvolta nella produzione di energia all’interno delle cellule muscolari. Ogni contrazione del muscolo, anche le più impercettibili, genera una piccola quantità di creatinina, che passa nel sangue e viene filtrata dai reni. Questo percorso semplice, che si ripete ininterrottamente, è ciò che rende la creatinina uno dei parametri più utilizzati in medicina per valutare la funzionalità renale. Il suo valore non misura quanto siamo in salute in senso generale, ma quanto efficientemente i reni riescono a eliminare ciò che il corpo produce.
Da questa prospettiva, parlare di creatinina come se potesse “fare bene” rischia di creare confusione. Non è una sostanza benefica da assumere, ma un prodotto di scarto del metabolismo muscolare; non migliora alcuna funzione del corpo, ma ne segnala il corretto funzionamento o eventuali difficoltà. La creatinina non è un integratore, non aumenta forza, energia o performance: è un parametro da leggere con attenzione, non un elemento da ricercare attivamente.
Chi pratica attività fisica intensa o ha una massa muscolare importante tende ad avere valori leggermente più alti rispetto alla media, e questo può generare falsi allarmi se non contestualizzato. Gli atleti, ad esempio, producono più creatinina proprio perché utilizzano i muscoli con maggiore frequenza e intensità; un valore superiore non indica automaticamente un problema, ma una fisiologia diversa rispetto a chi conduce una vita sedentaria. La creatinina riflette ciò che accade nei muscoli e nei reni, non un malfunzionamento in sé.
Ciò che rende questo valore così interessante è il suo rapporto con la filtrazione renale. I reni eliminano la creatinina in modo costante: quando funziona tutto correttamente, il suo livello resta stabile; quando i reni iniziano a filtrare più lentamente, la creatinina si accumula nel sangue e diventa un segnale utile per i medici. In altre parole: la creatinina “fa bene” soltanto perché permette di capire se i reni stanno lavorando come dovrebbero. È uno strumento diagnostico, non un fattore che migliora la salute.
A volte si fa confusione tra creatinina e creatina, due parole simili ma con significati lontani. La creatina è un integratore molto utilizzato nel fitness, utile a sostenere la performance muscolare; la creatinina, invece, è un sottoprodotto che non ha alcuna funzione attiva. Assumere creatina può, in alcuni soggetti, aumentare temporaneamente il valore della creatinina, ma ciò non significa danneggiare il corpo: indica soltanto che la creatina in eccesso viene metabolizzata e smaltita. Anche qui, interpretare i numeri è più importante del numero stesso.
La domanda “fa bene?” potrebbe essere riformulata così: la creatinina è un parametro affidabile? E cosa significa davvero quando i valori si discostano dalla norma? La risposta va cercata nel contesto. Un singolo valore non racconta l’intera storia: serve interpretarlo insieme ad altri indicatori, tra cui la clearance della creatinina, il filtrato glomerulare stimato (eGFR), l’urea e altri parametri che completano il quadro della funzionalità renale. Non basta un numero per stabilire se una persona è in salute: è l’insieme di segnali che determina il significato di quel numero.
Le oscillazioni della creatinina non dipendono soltanto dai reni. Possono essere influenzate dall’idratazione, dall’alimentazione, da un allenamento molto intenso, da un periodo di stress fisico o da una perdita di massa muscolare. Un valore basso, per esempio, non “fa bene”: spesso indica una ridotta massa magra, una condizione che può emergere in persone anziane, denutrite o in recupero da malattie che hanno comportato una perdita significativa di peso. La creatinina bassa non è sinonimo di salute, così come una creatinina alta non è sempre sinonimo di malattia. È la storia fisiologica della persona a dare significato ai numeri.
Anche lo stile di vita può influire sulle variazioni di questo parametro. Una dieta ricca di carne aumenta temporaneamente la creatinina, perché le proteine animali si trasformano in composti azotati che il corpo deve smaltire; una dieta molto povera di proteine, al contrario, può abbassarla. L’idratazione è un fattore determinante: una disidratazione, anche lieve, concentra i valori nel sangue; bere adeguatamente li riporta a livelli coerenti. La creatinina è una sostanza profondamente legata alle abitudini quotidiane, e non può essere interpretata senza considerarle.
Il valore più importante della creatinina, quindi, non è la sostanza in sé, ma ciò che permette di comprendere. Diventa una sorta di “spia”, come quelle presenti sul cruscotto dell’auto: non fa muovere il motore, ma segnala quando qualcosa merita attenzione. Lo stesso accade nel corpo: un livello alterato non rappresenta un problema isolato, bensì un indizio che indirizza verso un controllo più approfondito.
Chi pensa di migliorare la creatinina assumendo integratori o modificando in modo drastico la dieta spesso fraintende il ruolo di questo parametro. Non è un valore da “ottimizzare”, ma da monitorare con equilibrio. La vera salute non si costruisce abbassando o alzando la creatinina volontariamente, ma sostenendo i processi che la generano: muscoli attivi, idratazione corretta, alimentazione adeguata, riposo sufficiente. La creatinina racconta come viviamo, non come dovremmo vivere.
L’aspetto più delicato resta la funzionalità renale. Quando il valore sale oltre soglie significative e viene accompagnato da un eGFR basso, quello è il momento in cui la creatinina smette di essere un indicatore neutro e diventa un segnale che non può essere ignorato. È qui che la medicina interviene per comprendere la causa: diabete, ipertensione, uso di farmaci che affaticano i reni, infezioni, disidratazione cronica. Ma anche in questi casi, il valore non “fa male”: è il riflesso di una condizione più ampia, il sintomo di un equilibrio che si sta modificando.
Potremmo dire che la creatinina non “fa bene” né “fa male”. La creatinina “fa capire”, ed è questo il suo ruolo più prezioso. Permette di leggere ciò che accade all’interno di un organo che non manda segnali immediati quando si affatica; permette di individuare cambiamenti che, se ignorati, potrebbero diventare più seri; permette, soprattutto, di seguire l’evoluzione di una condizione nel tempo, osservando i progressi o eventuali peggioramenti.
Alla fine, la domanda iniziale trova una risposta chiara: la creatinina non è una sostanza benefica da assumere né un elemento da temere; è un indicatore che funziona come un linguaggio interno, una voce silenziosa che racconta in modo accurato come lavorano i reni e come reagisce il corpo al nostro stile di vita. Comprenderla significa imparare a leggere il proprio organismo, non trasformare un valore di laboratorio in un giudizio sulla salute.
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